IL
CANTIERE
PER
L’
INNOVAZIONE
Una “sfida generazionale”
Dopo quel percorso che ci ha portato tutti nel 2014 a ottenere la designazione, nel momento in cui per certi versi la nostra “missio– ne” potrebbe essersi compiuta, quella “sfida generazionale” non è certamente ancora vinta. Guai a considerare la designazione un punto di arrivo; guai ad assolutizzare il valore del “titolo”; guai a considerare un “bottino” acquisito la notorietà e il clamore me– diatico o l’aumento dei flussi turistici: il percorso è ancora da completare, il processo solo avviato. E se c’è un elemento chiaro e lampante, come dimostrano ampiamente vari episodi di cronaca, è che di questo processo i cittadini non sono sazi e anzi vogliono a maggior ragione essere fino in fondo protagonisti e non spettatori; vogliono entrare nel merito delle decisioni e vogliono essere la misura della efficacia e delle sensatezza delle decisioni, anzi, vogliono essere direttamente coinvolti nei processi decisionali: non una partecipazione di facciata, strumentale, da “consumatori”, ma reale, diffusa, democratica, sostanziale.
Ecco perché oggi, in un momento delicato e cruciale di questo percorso, vogliamo sollecitare e stimolare la città, e chi la ammini– stra, a creare una “infrastruttura” adeguata per garantire e mantenere nel tempo – secondo norme e regole condivise e trasparenti
– questo tipo di partecipazione e questo stile di protagonismo “civico”; si tratta cioè di fare in modo che quella che potrebbe essere già una “rivoluzione” e un frutto di questo percorso avviato, diventi metodo e indicatore di qualità, diventi un dato strutturale e oggettivo nella cosiddetta governance del territorio, la garanzia di un meccanismo di inclusione di tutti, di tutti i mondi, di tutte le sensibilità, di tutte le creatività.
Abbiamo provato in continuità con la nostra missione originaria a immaginare cosa potesse servire per evitare questi pericoli e in– vece in positivo cogliere sino in fondo la ricchezza che può derivare dal contributo di tutti; dalla nostra analisi è risultato evidente come sia necessario metter mano a qualcosa di definito, regolato con attenzione e lungimiranza, secondo la cifra della trasparenza; in grado di sottrarre definitivamente qualunque processo decisionale a un criterio diffuso di discrezionalità e di arbitrarietà e nello stesso tempo in grado di fare una sintesi la più ampia possibile della grande varietà di sensibilità come di interessi legittimi che vivono la società civile e quella economica: una infrastruttura, appunto, una vero e proprio cantiere di innovazione sociale.
Il Regolamento per l’amministrazione condivisa
La prima proposta utile alla realizzazione di questa “rete del confronto” è l’adozione, da parte dell’Amministrazione comunale, del “Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni” secondo il modello e l’esperienza di Labsus – Laboratorio per la Sussidiarietà, che da tempo, in varie parti di Italia, sta promuovendo e applicando questo modello attraverso quella intuizio– ne straordinaria che sono i “patti di collaborazione”, snodo tecnico-giuridico su cui si fonda l’alleanza fra i cittadini e l’istituzione che governa la città.
E’ un modo di essere cittadini del tutto nuovo e finora irrealizzabile, perché l’ordinamento non consentiva ai cittadini comuni di occuparsi della cosa pubblica pur continuando ad essere semplici cittadini. Questa “assurda” idea sta nella Costituzione. E noi vogliamo che il maggior numero possibile di cittadini italiani si mobiliti, sulla base di una idea di “sussidiarietà responsabile”, per contribuire alla rinascita del Paese.
Il Forum delle Associazioni
La seconda proposta è la costituzione di un forum, o consulta oppure rete, delle associazioni e dei produttori culturali presenti nel territorio, normato da un regolamento riconosciuto dalle amministrazioni, che costituisca quel corpo intermedio necessario a otti– mizzare e rendere trasparenti i rapporti fra i vari mondi legati alla produzione della cultura e fra di essi e le istituzioni, e incentìvi una necessaria “alleanza” e non una rovinosa conflittualità fra “pubblico” e “privato”; vediamo in questo – idea non nuova per la verità in quanto già proposta senza successo negli anni passati – la possibilità di ampliare e valorizzare fino in fondo la cosiddetta “scena creativa”, ben oltre le esigenze dei singoli, per fare evolvere invece finalmente la pur ricca attività culturale delle varie as– sociazioni da una parte nella direzione di una vera e propria “industria” della produzione culturale, dall’altra con pari dignità nello sviluppo e nella promozione della qualità della vita e delle relazioni fra i cittadini.
Il Codice etico
La terza proposta è la stesura e la condivisione di un “codice etico”, formalmente accettato da istituzioni, enti, imprese, associa- zioni, che garantisca trasparenza, sostenibilità ed eticità all’interno di tutte le operazioni e i programmi in vista di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 e oltre. Solo il semplice motivo del mettere intorno a un tavolo varie realtà per darsi regole comuni sarebbe il segno tangibile di un cambio di rotta; ma l’obiettivo dichiarato è quello di avere a disposizione un elemento di confron– to e controllo oggettivo sul livello di trasparenza e di legittimità e di sostenibilità di tutti gli atti e tutti i procedimenti. Una sfida (o una provocazione) alta, dunque, posta dai cittadini alle diverse istituzioni.
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