MOBILITÀ

SOSTENIBILE

Appunti per un progetto “esemplare”

 

Premessa

Il presente progetto è stato presentato rispondendo a un bando che la Fondazione con il Sud ha da poco pubblicato per la candidatura di progetti “esemplari” di mobilità sostenibile nel Sud Italia. L’occasione è ghiotta non tanto e non solo per l’ammontare del finanziamento concedibile (pari all’80% con un massimo di € 500.000,00 sul valore del progetto) quanto come occasione per una volta di mettere “a sistema” competenze e progettualità, istituzioni e cittadini, progetti e iniziative in un unico intervento coordinato al fine di:

  • definire un approccio progettuale e una visione precisa e univoca;
  • fare sintesi delle varie istanze, progetti, idee, programmi per avviare la definizione di una strategia della mobilità che lavori su più livelli e secondo una logica di propedeuticità e progressività e non con interventi isolati e occasionali;
  • costruire un “prototipo” di intervento, in una parte della città, sufficientemente significativo da essere esemplare per gli ulteriori e successivi interventi in tutto il resto del territorio;
  • evitare la proliferazione di progetti di piccola portata o comunque ripiegati in logica di gestione “proprietaria” da parte dei proponenti per andare invece verso un processo inclusivo che guardi all’insieme;
  • ragionare intorno ai temi della mobilità, della viabilità, dei servizi come di “beni comuni” che come tali vanno considerati nella logica di una amministrazione condivisa.

Intorno a questi obiettivi si sono mossi alcuni soggetti – Fondazione Sassi, Liberalia (rete CareFor), UISP, Legambiente, Il Carrubo (Italia nostra), Cooperativa AltraSpesa, FAL, Miccolis, CNA, Makera soc. coop. assieme all’Amministrazione comunale di Matera – accomunati da una specifica sensibilità e che non hanno alcun interesse nella gestione diretta di servizi o programmi (che si tratti di un car sharing o di un servizio di noleggio bici o altro) ma che puntano esclusivamente a massimizzare un risultato e un beneficio per tutta la città, in maniera sostenibile e duratura, non necessariamente attraverso soluzioni caratterizzate da grandi investimenti o particolari tecnologie, anzi, capaci di utilizzare strumenti semplici, low-tech, di attivare processi comunitari e legare soprattutto fra loro diversi ambiti e diverse progettualità con il primo obiettivo di ridurre in termini assoluti il traffico e aumentare invece la qualità della vita e la fruibilità della città.

Per questi stessi motivi è assolutamente necessario che l’Amministrazione comunale sia partner effettivo del progetto: perché i vari interventi e la costruzione del “prototipo” non risultino slegati dall’azione amministrativa; perché le scelte possano avere reale efficacia attraverso l’armonizzazione di norme, appalti, programmazioni; perché i risultati della sperimentazione possano avere benefici duraturi; perché gli investimenti già in essere e quelli programmati risultino parte integrante della visione generata: che significato avrebbe altrimenti spendere magari centinaia di migliaia di euro per “un pezzo” di pista ciclabile se questa pista non risultasse funzionale a una complessiva riorganizzazione della mobilità, come perlatro l’esperienza ha già insegnato?

Alcuni elementi per la definizione di questa “visione”

Non è difficile dimostrare come molto, troppo spesso temi come quello della mobilità, tantopiù se a questo termine segue l’aggettivo “sostenibile”, spesso restino legati ad approcci sostanzialmente propagandistici o quantomeno inefficaci; la logica dell’appalto, finalizzata solo alla spesa ma senza né una reale strategia né una opportuna “preparazione” della città nelle sue molteplici componenti, prime fra tutte la sua forma ma anche la sua componente comunitaria e “culturale”, ha già offerto spettacoli desolanti di opere incompiute o inutili, aumento del disagio e del livello di conflittualità fra cittadini e amministrazione, peggioramento sostanziale della qualità della vita. Si tratta di provare a cambiare paradigma. Peraltro siamo in un momento nel quale, oltre l’urgenza di “risolvere” alcune annose criticità, occorre uscire dall’empasse di una programmazione – quella del PUM e del PUMS – che non riesce né a evolvere in progetto compiuto né a tenere il passo (e la coerenza) con altre tipologie di intervento che però, nel frattempo, ottengono il risultato di condizionare la città e i suoi cittadini per gli anni a venire: possiamo citare il bando parcheggi, le progettualità legate a piazza della Visitazione o alla nuova scuola Torraca, le scelte legate a parcheggi e sistema del TPL… Ma ancora più a monte, occorre probabilmente rivedere il modo stesso in cui si guarda alla città e si leggono le sue esigenze: quando si pianifica una manutenzione stradale, il rifacimento di un asse viario (un esempio su tutti: l’asse di via Matteotti-via Ascanio Persio-via La Vista) a cosa si “guarda”? a quali criteri ci si ispira? e cosa o chi decide le scelte progettuali? Tutti gli interventi dovrenbbero essere ricondotti infatti a un progetto complessivo di rigenerazione urbana e città verde: parte di un insieme complesso della morfologia urbana in grado di accompagnare la comunità locale verso una visione pratica, non solo idealista, in cui ogni passaggio accompagna e non contraddice l’altro o il successivo.

  • Il tema dei percorsi pedonali, per esempio, ha un senso profondo di mutamento nell’approccio alla viabilità sostenibile ma di fatto, se gli interventi prescindono da questa comprensione, si rende di per se stesso insostenibile rivelando moltissime criticità. E mentre tenta di risolvere in realtà amplifica i problemi: le lunghe vie con assenza di zone d’ombra; i disagi dei residenti e il conseguente fenomeno della gentrificazione; i volumi di traffico generato dalla ricerca di parcheggi…
  • una pista ciclabile non integrata in un sistema, oltre che spesso pericolosa, appare come una non-soluzione: spesso relegata a situazioni infelici o contesti secondari, risulta scarsamente efficace nel decongestionare il traffico;
  • l’organizzazione delle ZTL e delle APU, orfane di qualsiasi organizzazione di servizi, si trasformano in una punizione per i residenti, in uno spostamento e un aumento della pressione del traffico alla ricerca spasmodica di un parcheggio a ridosso delle “aree protette” e (paradossale) nel privilegio di alcuni: il traffico resta ma è fatto di fornitori, manutentori, N.C.C. e, buoni ultimi, di tutti coloro che, potendo permetterselo, acquistano un’auto elettrica e fanno i padroni;
  • le scelte operate in sede di regolamento urbanistico, al netto del gioco di legittimi interessi contrapposti, pagano pegno per assurde dimenticanze o altrettanto assurde conflittualità fra enti pubblici (cosa pensare altrimenti delle compensazioni fra Amministrazione comunale e Provinciale e per converso l’elequente assenza di soluzioni per la sede dell’Archivio di Stato o di indirizzi precisi per l’area ex Barilla, per non parlare del fare a meno di una carta archelogica della città a monte e non a valle della pianificazione…

La lista potrebbe continuare; incrociarsi con altre tematiche; comprendere altre considerazioni. In questa sede cio che ci interessa di rimarcare è la considerazione di quanto diventi decisivo un approccio alla progettazione che:

  • valorizzi forme di gestione che producano autentica valorizzazione, coniugando ricerca storico-scientifica, conservazione del patrimonio territoriale, fruizione pubblica e divulgazione;
  • consideri centrale un investimento in educazione e formazione a tutela del patrimonio culturale che le pubbliche istituzioni possano promuovere anche in prospettiva territoriale e sociale;
  • concentrarsi sulla partecipazione delle comunità ai processi sulla base di un interesse che non sia soltanto quello derivante dalla comune “proprietà” dei beni di appartenenza pubblica, ma sia anche indotto da una visione macroeconomica, che includa nel suo orizzonte di pertinenza i benefici di qualunque natura generabili dal godimento personale e comunitario di beni (culturali, paesaggistici…)
  • ricostruzione di una forte fiducia tra cittadini e governi a partire da una “valorizzazione”, come dimensione relazionale della tutela e non sua antagonista…

A valle di queste considerazioni, possiamo dunque assumere che anche un intervento apparentemente “settoriale” come quello sulla mobilità sostenibile debba aprirsi a una visione più ampia e che ll programmazione negoziata sia la chiave interpretativa. Vogliamo dunque approfittare di questa opportunità proprio e prima di tutto per sperimentare questo modello, lavorando contemporaneamente su una specifica criticità – l’annosa questione del traffico verso e nel Centro storico e nei Rioni Sassi – con una logica inclusiva di più progettualità e più contributi e operando infine una leva finanziaria grazie all’auspicato finanziamento di Fondazione con il Sud che può portare a un investimento a regime di € 700.000 e oltre.

La strategia di intervento e la costruzione del “prototipo”

Per dare seguito concreto occorre ovviamente oltre che condividere una ispirazione ed esprimere compiutamente la volontà politica di perseguirla, anche calarsi nella logica del bando e tradurre idee e valori nelle forme che il questionario di candidature esige; per lo stesso motivo tuttavia risulta indispensabile fissare la strategia di intervento in modo che anche indipendentemente dall’esito del bando si porti a valore quanto prodotto

Questi i capisaldi dell’intervento che si vuole proporre:

Coinvolgimento della comunità in tutte le fasi

Porsi in posizione di ascolto e di corresponsabilizzazione dei cittadini è questione essa stessa di valutazione qualitativa del progetto

Massima inclusività

Ci sono sicuramente varie istanze potenzialemnte in competizione sul bando per proporre interventi di bikesharing o altro; possono essere tranquillamente ricomprese in questo progetto ad armonizzarsi e integrarsi l’un l’altro all’interno di un’unica visione.

La strategia degli “hub di comunità”

Il progetto si fonda sulla realizzazione di una serie di “hub di comunità”, centri di riferimento che a partire dal recupero di siti dismessi (anche una vecchia edicola non più attiva va bene o un uso diverso dei parcheggi pubblici di prossimità) vadano a realizzare una rete di supporto materiale e immateriale al “sistema della mobilità sostenibile”: stazioni per bici e monopattini, ma anche docker per le consegne dei corrieri e magazzini di stoccaggio per fornitori; centri di servizi di quartiere (portierato, banca del tempo…) ma anche punti di raccolta derrate in esubero; stazioni “pedibus” ma anche piccole officine di riparazione bici; sedi dei comitati di quartiere ma anche osservatori per il monitoraggio della qualità della vita

Interventi “low-tech” e “bottom-up”

Non sempre le soluzioni passano da grandi infrastrutture e grandi investimenti; spesso invece passano da pratiche semplici, a basso contenuto tecnologico e che “dal basso” dettano la linea anche per interventi più grandi perché costruiti a partire da bisogni concreti e consolidati nelle abitudini e nella “cultura” dei cittadini. Costruire una ciclabile, come detto, magari in una zona perificarica perché lì c’è lo spazio, non “fa” il ciclista né risolve i problemi di traffico nonostante l’investimento, mentre specializzare percorsi esistenti, installare un numero congruo di rastrelliere e far percepre il vantaggio rivoluziona la mobilità della città.

Logica multi-layer

Allo stesso modo, non esite “la” soluzione ma molto più probabilmente una serie di piccole e meno piccole soluzioni che coordinate tra loro realizzano l’efficacia dell’intervento; multi-layer significa che immaginiamo una serie di reti, percorsi, soluzioni sovrapponibili e integrabili fra loro, tutte riportabili a una mappatura e a un unico sistema informativo attraverso cui “leggere” tutte le possibilità alternative al traffico veicolare, a una diversa gestione dei trasporti e addirittura a una diversa gestione dei “tempi” della città. Le possibilità sono molteplici e basta saperle vedere e – come si dice con espressione abusata – metterle a sistema:

  • la rete dei percorsi pedonali
  • la rete “pedibus”
  • la rete dei parcheggi
  • la rete dei docker di consegna e della logistica di prossimità (ultimo miglio)
  • la rete delle “vie verdi”
  • la rete dei percorsi ciclabili
  • la rete dei parcheggi
  • la rete dei collegamenti TPL e di servizio alle ZTL e APU

(servizi tipo car villager per i residenti, room service per le strutture recettive, facility service per la manutenzione e le forniture, tutti veicoli elettrici a dimensione del nostro centro storico )

  • la rete dei servizi di comunità, di natura socio-assistenziale (piccola manutenzione, consegne farmaci e spesa quotidiana.
  • la rete solidale di recupero e riutilizzo di beni

Partendo da quanto già sperimentato o almeno in parte realizzato, dagli stessi protagonisti della proposta progettuale di comunità, per rilanciare l’idea di ottimizzare l’esistente, migliorando gli eventuali investimenti già realizzati e mettendo a frutto le capacità e le esperienze di ciascuno, gran parte di ciò è realizzabile a costi irrisori e quelli che necessitano di una spesa significativa trovano un “sistema”, per l’appunto, già pronto e sostenibile.

I cittadini e i servizi al centro

Perché se non fosse ancora chiaro, più che la centralità di un appalto, questo modello cerca la centralità delle persone e dei loro bisogni: In questo modo si può anche avere l’ambizione, per restare sul pezzo, di fare di tutta l’area dei rioni Sassi e del Centro storico (per intenderci: tutta la parte di città “al di qua” di via Lucana, da via Santo Stefano a via Casalnuovo/Cappuccini) persino un’unica grande APU: purché si assicurino ai cittadini, in particolare e speciale modo ai cittadini residenti, baluardo contro la gentrificazione e testimoni protagonisti di una città che è comunità prima che “forma”, la giusta dotazione di servizi.

Una gestione sostenibile nel tempo

Poiché nella logica dell’Amministrazione le risorse disponibili sono il “Grande Problema”, qualsiasi intervento deve avere alla base un tipo di soluzione adatta a garantire nel tempo a costi ragionevoli e il più svincolati dalle rigide esigenze di bilancio il mantenimento e lo sviluppo del “sistema” messo a punto. Per ottenere ciò puntiamo su due strumenti, fra gli altri possibili:

  • la manutenzione programmata: un cronoprogramma di interventi cadenzati e successivi può “dare forma” molto più di quanto si pensi a un sistema della mobilità sostenibile perché consente di mettere in successione una serie di piccoli interventi propedeutici e funzionali l’uno all’altro a realizzare con poca spesa un disegno più ampio e operare il cambiamneto nella forma della città e nelle abitudini dei cittadini
  • la cooperativa di comunità: una o anche più per trasformare quella che altrimenti sarebbe una voce cospicua di costo una risorsa e una ricchezza: molte delle attività previste e prevedibili, infatti, potrebbero essere gestite da cooperative di comunità fortemente inclusive e radicate nelle esigenze dei quartieri e dei cittadini, in grado di creare lavoro e assicurare servizi, gestire gli hub di comunità, diventare corpo intermedio fra cittdaini e amministrazione secondo quel concetto di “amministrazione condivisisa” che ci è caro e che si potrebbe base su un grande “patto di collaborazione” per la gestione del bene comune-città.

La prototipazione

Nel merito del progetto da candidare, l’idea è di realizzare un prototipo di intervento sufficientemente articolato da poter fornire al monitoraggio dati di lettura significativi e allo stesso tempo costituire una prima, essenziale soluzione, non accademica o puramente speculativa, a bisogni annosi. L’idea è di implementare il prototipo nell’area critica del Centro storico andando a intervenire secondo le linee e la strategia sopra descritta su:

  • modalità di gestione e regolazione dei flussi di traffico verso il centro storico
  • ruolo e specializzazione dei parcheggi di prossimità
  • servizi attivabili per operatori e residenti
  • interventi di incentivo alla pedonalizzaizone e alla ciclabilità
  • ruolo del TPL e servizi integrativi
  • hub di comunità
  • segnaletica e infografica di servizio
  • interventi di ridisegno dei percorsi
  • cooperativa di comunità
  • laboratorio di progettazione e costruzione di carrelli per la mobilità sostenibile
  • laboratorio di inclusione sociale per l’occupazione e la formazione

Partendo, quindi, dall’esistente i soggetti attuatori renderanno disponibili risorse, competenze e luoghi al fine di semplificare e rendere realmente fruibile un percorso di comunità e una gestione del bene Comune inteso come la mobilità delle merci e delle persone in un tessuto urbano qual è quello della città di Matera.